DAL CIRCOLO ARCI ALLA TV

Gran Pavese Varietà

E I MIXERABILI

Nel 1980 Davide Parenti e Gilberto Venturini (che aveva fondato Arci Gola ed era presidente dell’ARCI di Mantova) organizzano al Festival dell’Unità di Suzzara un Varietà, cioè uno spettacolo fatto di tanti numeri diversi, molto brevi. Serve un presentatore e mi chiamano. Alla fine dell’anno decidiamo di proporre questa formula al Circolo ARCI più autorevole di Bologna: il Cesare Pavese di Via del Pratello 43. Per i Bolognesi, il Pavese. Un’Istituzione. Io ero di casa, perché, tra le altre cose, il Pavese ospitava la sede del Teatro Evento. Ci presentiamo al Direttivo, nella Sala Quadri (non ho mai capito se il nome si riferiva ai quadri alle pareti, che peraltro non ricordo, o ai quadri-di-partito). Ci accoglie il Direttivo, schierato: il Compagno segretario, Presidente, tesoriere ecc, con contorno di alcuni Consiglieri, tra cui Claudio Corticelli, esperto di cinema. I compagni Bonfiglioli e Cavalli erano gli organizzatori delle serate di Ballo Liscio, che si tenevano nella Sala Do Re Mi e nel cortile del Circolo. Il compagno Mandelli era con ogni evidenza il commissario politico. Parentesi: il Pavese, gestito da un gruppo di 50/60enni, che quindi rappresentavano ancora il legame diretto con la generazione della Resistenza, era un contenitore e un moltiplicatore di politica: ospitava le sedi dei partiti e dei sindacati, ospitava le associazioni più disparate (faceva convivere animalisti e cacciatori, che si scambiavano le chiavi della sala riunioni) e soprattutto promuoveva le iniziative culturali più all’avanguardia. Al Pavese veniva Pasolini, veniva il Living, qui è nato l’Angelo Azzurro di Bruno Migliaretti, il primo Cineforum in assoluto. Insomma, il Direttivo a cui ci eravamo presentati era promotore di un progetto politico culturale di assoluto valore, in un Quartiere difficile e di frontiera. Alla fine ci hanno interrogato, ci hanno ascoltato e ci hanno concesso due serate la settimana (mi sembra martedì e mercoledì) per fare il nostro Gran Pavese Varietà, sulla falsariga dell’esperimento fatto a Suzzara. All’inizio la “conduzione” e organizzazione era la nostra, con la partecipazione del Dottor Buda (Mauro Bertocchi) e di Olaf che faceva una sorta di tecnico-attore, del Maestro Marco Stefanini e con Maurizia che diventò Syusy Blady. Ospitavamo numeri musicali, teatrali, di danza, esibizioni sportive, miniconferenze, prestigiatori, paragnosti, imitatori. Serate fatte di segmenti di pochi minuti, conditi da una narrazione/conduzione che cuciva un continuo rapporto di improvvisazione col pubblico. Dopo un paio di mesi il Direttivo ci chiamò: pensavamo che volesse buttarci fuori e invece ci chiese di fare non più due, ma quattro serate alla settimana! Cavalli e Bonfiglioli, per far posto a noi “giovani”, rinunciarono alle loro serate di Ballo Liscio, che in realtà andavano a gonfie vele. Mentre lo racconto, ancora la cosa mi commuove.  

Il Gran Pavese è andato avanti 3 anni, dal 1981 al 1984, con la complicità essenziale di alcuni amici “fissi”, che hanno caratterizzato uno stile e creato un linguaggio, un filone di spettacolo, che non aveva nulla del vecchio Cabaret – era un genere antico ma rinnovato, il Varietà appunto. Merito dei Gemelli Ruggeri (Luciano Manzalini ed Eraldo Turra), di Vito (Stefano Bicocchi), di Olga Durano, del Maestro Stefanini, di Salvo Nicotra, di Mario Sucich, di Anna Zurlo che faceva le Coconuts, del Signor Massimo (Massimo Marzaduri) che assieme a Mauro Nobis (Olaf) era un tecnico/attore, di Lorenz che si reincarnava in Elvis, del Mago Gilson, di Freak Antoni e poi anche di Alessandro Bergonzoni, Bruno di Bernardo, Eros Drusiani e di tanti altri. Si pagava 2.000 lire, consumazione compresa. C’era sempre la fila fuori. Un pubblico molto eterogeneo, tanto che una sera un gruppo di magistrati viene a ringraziarci ma aggiunge: “Che imbarazzo! Seduti vicino a noi c’erano i delinquenti che avevamo giudicato oggi pomeriggio…”. Abbiamo avuto anche modo di realizzare qualche idea, tipo il Corso di Spogliarello, di Syusy con Dodò d’Hambourg. 

Nel 1984 una sera i nostri amici Ciccio (Conversano) e Nene (Grignaffini), che hanno una Società di Produzione che si chiama Moovie Moovie, vengono allo spettacolo e si portano Giovanni Minoli, che allora era capostruttura di Rai 2 ed era l’inventore di Mixer. Minoli non si palesa, per ben due sere viene a vederci ma resta in incognito. Dopo qualche tempo ci propone di fare dei “numerini” surreali dentro Mixer, che Ciccio e Nene registrano al Pavese. Diventiamo i Minolati, o Mixerabili che dir si voglia. 

Nel 1985/86. Minoli ci propone di fare un Varietà televisivo vero, a Rai 2, la domenica pomeriggio. Ci mettiamo al lavoro, con il Maestro Tommaso Vittorini che, saccheggiando la Banda del Testaccio,  mette assieme una vera orchestra e Gino Castaldo, critico musicale di Repubblica, con cui cerchiamo di adattare i nostri numeri. Registriamo nel mitico Studio 1 di Via Teulada. Per noi, che ci definiamo telediscendenti, cioè nati con la TV (io sono nato il 4 febbraio ’54, il primo giorno in cui la Rai ha ufficialmente iniziato a trasmettere) e nutriti di linguaggio televisivo (il nostro varietà era con “telecomando automatico incorporato”, cioè veloce) registrare nello Studio 1, io con la giacca originale di Pippo Baudo e Syusy con i vestiti di Raffaella Carrà, è stata una emozione vera. Fatta anche di incazzature e incomprensioni con la “macchina” Rai. Ma è stato l’inizio, grazie a Minoli che ci ha dato un’occasione enorme. Poi Rai 3 trasmetterà anche il Concorso della Tap Model, idea di Syusy, con la regia televisiva di un altro amico della vita: Claudio Canepari. 

Tra i 1986 e il 1987 ci diamo dentro anche col teatro: la banda del Gran Pavese Varietà gira per l’Italia e coinvolge anche altri amici: Paolo Hendel, David Riondino, Leo Bassì. Abbiamo fatto lo spettacolo anche a Roma, e ad un certo punto dietro le quinte, mi pare Olga Durano, dice: “C’è Fellini in sala!”. Si, va beh… inventane un’altra. Invece era vero. Poi è venuto a salutarci. Delizioso. Emozione. Una delle esperienze più estreme è stata lavorare per un paio di settimane, tutte le sere, al Festival dell’Unità di Modena: il palco era collocato davanti ad un piccolo lago, costringendoci ad inventare i numeri più strani. 

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